La crisi finanziaria determinata dall'emergenza sanitaria ha inciso come un bisturi anche su imprese “sane”, che fino al 9 marzo 2020 veleggiavano verso la prospettiva di utili ormai acquisiti, sull'onda lunga di una ormai raggiunta prosperità. Il tornado infettante ha macchiato la purezza operativa di tali imprese che, quindi, per affrontare e superare la crisi, non possono certo sperimentare sulla loro pelle il passaggio delle “carte in tribunale”, fase ineludibile per accordi di ristrutturazione, concordati preventivi o amministrazioni controllate “redivive”. È forse giunto il momento di invitare a pranzo il convitato di pietra, che se ne è stato alla larga dal banchetto per troppi anni, ma che, se opportunamente valorizzato ed arricchito, ben potrebbe traghettare le imprese “sane” fuori dalla tempesta economica: è il piano attestato di risanamento, eventualmente supportato, de iure condendo, dall'automatic stay. L'impresa “sana” non merita, anche per il buon nome commerciale da salvaguardare, le forche caudine del tribunale fallimentare, ma deve volgere lo sguardo alla fase stragiudiziale, con una maggiore responsabilizzazione dei professionisti. Solo da un innalzamento dell'etica dei gruppi professionali, come una sorta di immunità di gregge, si potrà superare la crisi sistemica.
Per scaricare l'intero articolo clicca qui