Superato il lockdown imposto dall’emergenza virale, nonostante (e forse anche per) le protezioni riconosciute dal D.L. n. 23/2020 a tutti gli imprenditori, nessuno escluso, tra qualche mese è facilmente prevedibile una crescita esponenziale delle situazioni di crisi o insolvenza delle imprese.
Lo slittamento dell’entrata in vigore del CCII al 1°.09.2021 lascerà quindi l’onere del governo di queste prossime situazioni all’attuale legge fallimentare, pur rinnovata dall’intervento riformatore del D. Lgs. n. 5/2006 e successive modifiche.
Questa prevede procedure (fallimento e concordato preventivo, soprattutto) che, al di là della loro efficienza in termini di recovery ratio, da un lato hanno meccanismi di funzionamento farraginosi e onerosi per il sistema giudiziario, oltre che per i creditori, ovvero, da un altro lato, richiedono, per il loro successo, lunghe e alle volte estenuanti trattative senza un’adeguata protezione del patrimonio dell’imprenditore (accordo di ristrutturazione dei debiti).
Sembra quindi utile immaginare una procedura che condivida dell’ARD la snellezza ma senza la necessità di giungere alle soglie del tribunale solo dopo avere esaurito il percorso di contrattazione con i creditori, con una gestione della fase giudiziaria limitata agli essenziali controlli di legalità e complessivamente meno onerosa, per uffici, debitore e, quindi, massa dei creditori, rispetto all’attuale ARD e, soprattutto, al concordato preventivo.
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