Per quanto consta il primo provvedimento nella cui massima compare il termine è un decreto del Tribunale di Sulmona. Possiamo allora già trarre una prima conclusione e cioè che sino alla riforma del concordato introdotta col d.l. 35/2005 una questione di fattibilità del concordato preventivo non si poneva proprio. Ad analoghe conclusioni si giunge guardando allo stato della letteratura.
Se, invece, la curiosità si spinge a ritroso ecco che il termine (omogeneo) “inattuabilità” compare nell’art. 6 del d.d.l. di iniziativa parlamentare a firma Fassino e altri presentato nel corso della XIV legislatura. In quel caso si precisava che il tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la domanda ove “manifestamente inattuabile”.
Nello stesso periodo il Governo aveva insediato una Commissione ministeriale col compito di redigere uno schema di disegno di legge delega; orbene, all’art. 4 di quel disegno, si diceva che il commissario giudiziale era tenuto a presentare entro breve termine una relazione sulla fattibilità del piano. Nella stessa disposizione si prevedeva che in ogni momento il tribunale potesse far cessare la procedura ove il piano risultasse non attuabile.
Nel disegno di legge redatto da una Seconda Commissione ministeriale (questa volta un d.d.l. di legge ordinaria) all’art. 23 si stabiliva potesse cessare la procedura quando il tribunale avesse rilevato che il piano non poteva essere attuato; mentre all’art. 28 si prevedeva che in sede di giudizio di omologazione la questione dell’attuabilità del piano potesse essere dedotta in presenza di opposizioni di creditori almeno pari al dieci per cento o di relazione sfavorevole del commissario giudiziale.
Orbene, balza, subito, all’evidenza che negli artt. 160-186 (ora 186 bis) l.fall., tutto ciò non è affatto preso in considerazione dal legislatore che si limita a stabilire che la fattibilità del piano è “certificata” dal professionista attestatore secondo quanto disposto nell’art. 161 l.fall.
Questo a me pare un primo tassello per smontare la critica di chi assume che l’esclusione del giudizio di fattibilità sarebbe frutto di mero ideologismo.
Articoli della legge fallimentare interessati: ART. 161 (l.f.), ART. 162 (l.f.)
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