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Il sostegno pubblico a persone e a imprese per reagire alla crisi economica conseguita all’emergenza sanitaria da Covid-19  ha aggravato la già sofferente condizione delle finanze pubbliche. Il dibattito economico e politico si incentra sulla necessità di stimolare una crescita, già problematica in fase pre-pandemica, o comunque di sostenere accenni di ripresa economica, provvedendo ai bisogni di chi, persone e imprese, appare in difficoltà per ragioni collegate alla fase congiunturale.

Se quanto alle prime, alcuni istituti preesistenti hanno obiettivamente operato in funzione calmieratrice di deficit di liquidità (come il reddito o la pensione di cittadinanza e, pur tra contraddizioni, le varie forme di cassa integrazione), quanto alle soggettività economiche imprenditoriali appaiono in ombra temi di merito: le ragioni della crisi economica individuale, la sua autentica relazione causale con l’emergenza sanitaria, nonché l’equità nel contributo e la trasparenza nell’accesso ai benefici sostenuti, più o meno direttamente, con risorse pubbliche; per contro, essi torneranno centrali, con la recrudescenza tipica degli argomenti inspiegabilmente trascurati, quando si avrà evidenza che la manovra di sostegno ha beneficiato anche soggetti immeritevoli, che dopo essersi nascosti ai doveri di contribuzione, non hanno impiegato neppure le sovvenzioni ricevute nella direzione auspicata.          

Le politiche espansive fiscali e monetarie stanno limitando l’impatto della crisi sulle economie di diversi paesi, tramite l’espansione dei bilanci di governi, di banche centrali e di istituzioni finanziarie internazionali, con riflessi sulla condizione delle future generazioni. Ma chi pagherà il conto di questa manovra propagandata come gratuita o, al più, a spese di altri, siano le istituzioni europee, siano le istituzioni monetarie centrali o le banche?  E chi realmente ne beneficerà? 

Le domande interrogano sia l’organizzazione storica della solidarietà di fonte costituzionale nella raccolta di risorse pubbliche per sovvenire le spese sia la trasparenza della scelta dei beneficiari delle misure straordinarie. Si tratta di comprendere se sia possibile coordinare la serietà del sostegno con l’equità che dovrebbe implicare l’impiego di risorse pubbliche. Per evitarne la trasformazione in odiose nuove ragioni di disuguaglianza.

L’analisi di alcune dinamiche ricorrenti nella storia del governo del debito pubblico va premessa a quella dello stato effettivo del sistema delle entrate statali, con particolare riferimento alla parte riferibile alle entrate tributarie. In ogni caso, ogni seria politica di bilancio non dovrebbe poter prescindere – come, invece, si è costretti in parte a dover riconoscere -   dalla considerazione delle seconde. 

La visione che si ricava non modifica il giudizio severo sul sistema tributario nazionale: controlli deboli e riscossioni inefficaci rivelano un’immagine dove non sono l’equità né l’efficacia a governare le linee fondamentali dell’azione.

Una realtà dove solo alcuni pagano per tutti non per opzione solidaristica ma per inefficacia delle politiche di contrasto dell’evasione. 

Una condizione alla quale il Paese sembra essersi, sconsolatamente, assuefatto.

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