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La ’ndrangheta a Torino non si scopre ora. Esiste da più di 40 anni e precisamente almeno dal 1972 quando a uno dei collaboratori di giustizia di questo procedimento fu offerto di entrare a far parte della società di Chivasso»: così il sostituto procuratore di Torino Roberto Sparagna – ora magistrato della Direzione nazionale antimafia - aprì la requisitoria nel processo d’appello “Minotauro”, evidenziando – come recepito nelle storiche sentenze di condanna -  che la ’ndrangheta è sempre la stessa a Torino e a Reggio Calabria, magari meno visibile, ma capace di usare la stessa violenza e così inquinare la vita democratica ed economica anche del Nord. In magistratura dal 1994, tra i primi ha permesso, nelle indagini dirette come P.M., di evidenziare che le varie ’ndrine fossero dedite, in Piemonte, oltre che al compimento di specifici reati tradizionalmente caratteristici dell’associazione (quali le estorsioni), al sistematico ingresso nelle attività economiche e politiche del territorio in cui erano radicate, attraverso la progressiva infiltrazione nel mondo della politica e dell’imprenditoria. Così restituendo più una realtà organizzata come holding che un mero esercito di mafiosi. Ha partecipato a dibattiti, incontri con gli studenti (ospite del coordinamento di Libera) e convegni in materia di criminalità organizzate, con particolare riguardo al controllo mafioso del territorio e dell’economia. È stato relatore ad InsolvenzFest nel 2015.

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