Il gruppo di imprese costituisce un’entità economicamente unitaria, ormai non più sovrapponibile alla nozione di controllo verticale di cui all’art. 2359 c.c., ma incentrata piuttosto attorno alla nozione di direzione e coordinamento unitari. Le difficoltà del legislatore nel confrontarsi già a livello sostanziale con la nozione di gruppo (tuttora mancante a livello di diritto societario) non vengono meno sul piano del diritto concorsuale, che non prende minimamente in considerazione quella che è la forma più importante di organizzazione societaria. Ciò comporta la necessità di adattamento di una disciplina pensata sull’imprenditore singolo all’ipotesi della crisi di gruppo.
Il concordato preventivo di gruppo costituisce un’espressione di tale adattamento, in cui l’unicità del piano concordatario si accompagna alla pluralità dei soggetti che lo propongono, anche nella prospettiva di una liquidazione aggregata dei beni appartenenti alle società del gruppo.
Il piano concordatario unitario sempre più spesso non solo serve ad assicurare la contestualità della ristrutturazione dei debiti delle società appartenenti al gruppo, ma costituisce un momento fondamentale di riorganizzazione societaria, attuata mediante il ricorso ad operazioni straordinarie, tra le quali la fusione. La possibilità che, a seguito della riforma del diritto societario del 2003, la società sottoposta ad una procedura concorsuale possa prendere parte ad una fusione determina, a sua volta ed in assenza di una disciplina di raccordo tra il diritto societario e quello concorsuale, complesse problematiche di tipo ermeneutico, che vanno dal trattamento dei creditori delle società partecipanti alla fusione, ai contenuti del piano concordatario, fino ai complessi rapporti tra l’opposizione alla fusione ex art. 2503 c.c. e l’opposizione all’omologazione ex art. 180 l. fall.
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