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La revocatoria delle rimesse bancarie è scomparsa, secondo i più, con la riforma fallimentare del 2005 e non se ne occupano più né i curatori, né la dottrina nè la giurisprudenza. Pochissime sono le sentenze che hanno trattato la problematica, proprio in funzione, a nostro avviso, di questo atteggiamento preconcetto. Si tratta di una interpretazione sbagliata e in questo approfondimento cerchiamo di dimostrarlo.

1) Introduzione

La revocatoria delle rimesse bancarie è scomparsa, secondo i più, con la riforma fallimentare del 2005 e non se ne occupano più né i curatori, né la dottrina nè la giurisprudenza. Pochissime sono le sentenza che hanno trattato la problematica, proprio in funzione, a nostro avviso, di questo atteggiamento preconcetto. Si tratta di una interpretazione sbagliata e in questo approfondimento cerchiamo di dimostrarlo. Il dimezzamento del periodo di riferimento da un anno a sei mesi e i nuovi incerti limiti quantitativi hanno comportato una riduzione molto più che proporzionale di quanto ora è revocabile rispetto al periodo ante riforma, ma non per questo l’azione revocatoria è stata abolita. La giurisprudenza ad oggi è ancora scarna, come si è detto, anche se le problematiche non mancano di certo. I curatori fallimentari, come i CTU, hanno bisogno di trovare dei modelli pratici di riferimento e delle opzioni operative, per tradurre in pratica quanto la dottrina, e la giurisprudenza, stanno faticosamente via via elaborando. Illustreremo quindi prevalentemente gli aspetti pratici-operativi della revocatoria delle rimesse bancarie, pur con qualche riferimento agli aspetti teorici, che, come è evidente, stanno alla base di ogni analisi.

2) Le problematiche

Il periodo di riferimento per la nuova revocatoria è stato ridotto da un anno a sei mesi e l’entità di quanto revocabile, pur con qualche problematica anche di rilevante impatto, è ora determinata dall’art. 70 l.f. nel differenziale tra il massimo importo a debito e il saldo al momento del fallimento, in definitiva nel cosiddetto “rientro”. Si ritiene comunque che in definitiva uno solo sia il vero problema di base che deve ancora trovare adeguata concorde soluzione relativamente alla “nuova” revocatoria delle rimesse bancarie: come conciliare quello che a nostro avviso è invece inconciliabile, e cioè il nuovo art. 67 con il nuovo art. 70 della legge fallimentare. La nostra interpretazione, peraltro, già da molti condivisa, è che prevale, o meglio prevarrà, almeno dall’1 gennaio 2008, l’art. 70 della l.f. sull’art. 67 l.f., e quindi sarà revocabile, al massimo, il differenziale tra il massimo importo a debito e il saldo al momento del fallimento. L’articolo 67 l.f., con l’indefinito riferimento che fa alle rimesse che hanno comportato una riduzione consistente e durevole dell’esposizione debitoria, di fatto non troverà applicazione; sarà solo di supporto, per lo più del tutto inutile, al prevalente criterio base stabilito dall’art. 70 l.f.. Salvo eventualmente non sposare la discussa tesi della differente previsione temporale della conoscenza dello stato di insolvenza, come meglio si illustrerà in seguito: 6 mesi per l’art. 67 l.f., nessun riferimento temporale per l’art. 70 l.f.. Le incertezze sono moltissime, ad oggi, ma non poteva che essere così. La qualità del legislatore è ancora di più peggiorata, e le norme appaiono del tutto scoordinate; tocca così all’interprete cercare di dare attuazione a quanto non è stato in ogni caso previsto in modo corretto. Eccezioni e deroghe trovano infatti indicazioni accompagnate da “aggettivi, ripetizioni di aggettivazioni, endiadi, allitterazioni, la cui portata definitoria, come è noto, risulta sempre imprecisa e controvertibile. Basti pensare che la riduzione dell’esposizione debitoria deve essere consistente e durevole, i pagamenti saranno irrevocabili se effettuati nei termini d’uso; il piano dell’accordo stragiudiziale deve apparire idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa… il risanamento della situazione finanziaria… e la ragionevolezza deve essere attestata… E’ un linguaggio molto lontano dai requisiti di univocità richiesti da una disciplina tecnica, come quella delle obbligazioni nella fase dell’esecuzione concorsuale, e sembra più consono ad una trattazione meramente descrittiva degli obiettivi che si vorrebbe raggiungere, piuttosto che alla formulazione in modo chiaro ed incontrovertibile di regole giuridiche” . Le problematiche ad oggi aperte sono innumerevoli. Le analizziamo tutte senza pretesa di risolvere quanto in effetti non è nemmeno risolvibile, come illustreremo, nell’intento di dare utili indicazioni a chi si occupa della materia. Ricordiamo in ogni caso come la precedente legge fallimentare abbia comportato un impegno, assurdo a ripensarci, di circa quaranta anni solo per arrivare ad un concetto di conto scoperto, concetto poi affinato nei successivi venti anni sulla base del saldo disponibile. Quindi oltre sessanta anni di dottrina e di giurisprudenza, centinaia di sentenze e decine di migliaia di pagine, per arrivare ad una soluzione pressoché pacifica, ancorché non ancora soddisfacente, almeno a nostro avviso. Ora dall’avvio della riforma sono passati 8 anni, periodo ancora comunque troppo breve per produrre soluzioni definitive. In ogni caso, è proprio la norma di riferimento che è stata pasticciata, e dovrà essere assolutamente riscritta; a legislazione attuale, le tesi possono essere le più varie, tutte con una loro dignità; solo una precisa scelta normativa potrà dare definizione ad una problematica ad oggi tuttora incerta. Sarà da chiarire perché ci siano due disposizioni in parte confliggenti: l’art. 67 e l’art. 70 l.f.. Se si revoca il rientro (art. 70 l.f.), tanto vale allora limitarsi a quello specifico semplice conteggio. Pare pacifico che, salvo casi del tutto eccezionali (rientro costante di piccole rimesse), l’importo che deriva dall’applicazione dell’art. 70 l.f. sarà sempre inferiore a qualsiasi importo derivante dai complessi conteggi previsti all’art. 67 l.f.. Questo di norma, salvo che non si fissino degli importi elevati per la consistenza e dei tempi molto lunghi per la durevolezza. Ed allora tale articolo 67 l.f. si dimostra del tutto inutile. Si assiste oggi tutti a situazioni al limite dell’assurdo dove si fanno conteggi minuziosi, si analizzano le rimesse che hanno ridotto l’esposizione in modo consistente e durevole, magari si fanno anche una serie di calcoli diversi per tener conto di tesi diverse, per poi ridurre l’importo al rientro di cui all’art. 70 l. fall. Tanto lavoro per nulla. I legali si trovano nelle necessità di predisporre la citazione per revocatoria fallimentare facendo i conti, dettagliati, delle rimesse revocabili ex art. 67 ed anche ex art. 70 l.f.; il giudice, a sua volta chiederà al CTU di fare i doppi conteggi, magari con più varianti, per poi gettare via il tutto. E’ evidente che qualcosa non va. Ma ci si domanda: che senso ha una norma del tutto inutile? Per un breve periodo (17 marzo 2005 – 31 dicembre 2007) si anticipa subito anche un altro aspetto, del tutto sfavorevole al mondo bancario. Il decreto correttivo (D. Lgs. 169/2007), laddove ha modificato ulteriormente l’art. 70 l.f. facendo espresso riferimento all’estinzione di posizioni passive delle banche, è stato considerato (Cass. n. 20834/2010) come norma di interpretazione autentica, ma, sembra, comunque con efficacia differita al 1° gennaio 2008, (conseguentemente per il periodo precedente la norma modificativa non dovrebbe trovare applicazione, essendo appunto ad applicazione differita). Nella fretta di dire che l’articolo 70 l. fall. si applica anche ai rapporti bancari (taluno infatti riteneva che non fosse invece applicabile), si è sbagliato ancora, attribuendo appunto una decorrenza differita. Ciò significa che la norma non può essere applicata precedentemente. Per questo breve periodo, quindi, (17/03/2005 – 31/12/2007) sono revocabili tutte le rimesse ex art. 67 l.f., ovviamente sempreché abbiano ridotto l’esposizione in modo consistente e durevole, e sia provata la conoscenza dello stato di insolvenza da parte della banca. Nessun riferimento, quindi, al rientro reiterato dall’art. 70 l. fall., applicabile dal 1° gennaio 2008.

Articoli della legge fallimentare interessati: ART. 67 (l.f.), ART. 70 (l.f.), ART. 161 (l.f.)

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