Lo studio approfondisce il tema della proponibilità dell'azione di risoluzione nel concordato preventivo nei casi in cui il contratto sia stato eseguito da una sola delle parti, il creditore, e quindi non possa definirsi "pendente".
In particolare, in assenza di specifici precedenti in dottrina e giurisprudenza, viene esaminata la possibilità per il creditore di chiedere la restituzione del bene, effetto naturale della risoluzione, in alternativa alla mera attesa del pagamento del credito (il più delle volte differito nel tempo e stralciato).
Evidenziate le differenze e le affinità con la procedura fallimentare (ove invece si rinviene la specifica disciplina dell'art. 72 co 5 l.f.), si conclude per la non praticabilità dell'azione di risoluzione nel concordato preventivo attraverso l'analisi delle norme del codice civile e dei principi concorsuali.
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